| Quante risate |

Natale 2013. A Cuneo. Piemonte.

L’ascensore del palazzo dove da sempre vive la mia famiglia, raggiunge il quinto piano. Lento. 56 secondi. Contanti negli anni giocherellando con le chiavi nella tasca dei pantaloni.

Come altre migliaia di volte arranco vestito da uomo delle nevi su per l’ultima rampa di scale che porta fino alla porta  di casa nostra.
O casa  loro. Dei miei. Non so più bene. Alcune abitudini sono dure a morire. Manco orami da vent’anni.
La passeggiata con Inti, il cane quindicenne che si ostina a fare il ragazzino, e soprattutto i meno 5°C del parco mi hanno reso pensieroso, facendomi scivolare rapido verso inesorabili e intime riflessioni.
“Ma come si fa a vivere così? Ma che ci faccio di nuovo qui?”  Sempre le stesse, sottopelle.
E a conclusioni nette. Senza scampo.
“Ma questi sono matti, per dio. Tre giorni, torno a Roma e amen”. Credo di essere una vergogna per qualunque concittadino. Odio il freddo e in me batte cuore terrone. Si sa. Il Natale mi obbliga a queste rimpatriate
Mentre tolgo le scarpe fradice di neve guardo la sagoma che pende appesa ad un chiodino nero sulla porta. Sono anni ormai  che mia madre ha rinunciato  a malincuore alle decorazioni natalizie, vittima innocente della nostra totale indifferenza e cafoneria.
Sulla porta in cambio, si è fatto strada un piccolo pellegrino di Santiago con borsa e bastone, intagliato nel metallo e verniciato di un bel rosso rubino, regalo di un collega dei miei, camminatore e loro compagno di viaggio.  In famiglia si cammina da sempre, tutti. Non so il perché, non ci ho mai riflettuto a fondo. E’ sempre stato così e basta. Fin da quando io e mia sorella eravamo bambini.
Una sorta di dromomania in dimesione familiare.
E i viandanti qui sono benaccetti.  E’ proprio così.
I miei genitori sono fra le persone più gentili e cordiali che mi sia stata data la fortuna di incontrare.
L’omino dal sorriso soddisfatto  è lì a difesa dell’antico e meraviglioso principio  transculturale di ospitalità.  Il tutto mi rincuora e riscalda come ogni certezza nella vita.
“Sono in cucina” Ampificatore per 4000 W su per giù. Mia madre ha un tono di voce che se non lo si sente, non ci si crede. Ha insegnato per trentacinque anni in una scuola media fra orde di ragazzini dagli ormoni saltellanti.
Inti, con l’occhio da campagna antivivisezione, si  è già seduto vicino al tavolino e guarda mia madre maneggiare attrezzi e soprattutto, ingredienti.
“Puliscigli la bava che sta già facendo il morto di fame.”
“Sto ingrato…”
“Tutto bene?”
“Sì ma non urlare, ti prego” siamo a trenta centimetri.
Scocciata  borbotta un mmmh
Non è colpa sua in realtà. Oltre i ragazzini ormonali, la necessità di gestire sua madre, mia nonna, che vive con loro e che da vent’anni nega la sua sordità conclamata, ha portato le conversazioni della mia famiglia a livelli di decibel decisamente fuori norma. Il sospetto maligno, in casa, è che nonna Piera, per risparmiare sulle batterie dell’apparecchio acustico, lo dimentichi spento sul comodino. Non è una donna avara, anzi. E’ sanamente parsimoniosa, come un’anziana signora che ha fatto la guerra e la partigiana.
Sono giorni che ci giro intorno e le riflessioni da  passeggiata sono stati risolutivi. Taglio corto.
“Sai, pensavo, vorrei partire…”
“?”
“…un viaggio intendo”
“ Ih, che bello. E dove vai? E quando e con chi? Con Inti come fai?…”
Sguscio un pistacchio preso dalla mensola  che mastico nervosamente, sgusciandone un altro nel mentre.
“Stai attento.” Conclude.
Guardo il pistacchio verde screziato di viola “ E di che?”.
“Per il viaggio, dico”
“Ma, non ti ho ancora detto nulla. Non sai manco dove vado”
Ride con il suo fare spiccio “ Tu stai attento comunque…”
“Magari vado a Ivrea. Che ne sai? Sai che avventura”.
“ Cretino. Dove vai?”
“ Sai pensavo, è dal 2006 che non riesco a fare un viaggio. Sì, cioè, ok, tre giorni a Berlino. E poi Lione, ok ma sono sempre  week end. Sì, sì vado sempre in Francia, però per lavoro. Ho voglia di un viaggio vero, insomma.”
“Certo” Annuisce concentrata sulla confezione di margarina.
“ …l’ultimo è stato il Portogallo ricordi? Che bello, ammazza, tre settimane…”
“Certo” la margarina cade nella terrina “E dove vai? Hai già in mente qualcosa?”
“ …che bella Lisbona, quanto mi è rimasta nel cuore. E’ l’unico posto dove mi trasferirei a vivere seduta stante”
“ ah-a”
“ Super decadente. Magari non tutta la vita, ecco, ma un annetto…”
“ Sandrooo. Vieni un po’ in cucina!”
Mio padre si presenta sulla porta in ciabatte, con la gli occhiali sulla punta del naso da vecchio professore e il suo maglione grigio di lana.
“ Che c’è Ros?”
“ Parla un po’ con tuo figlio che sta combinando qualche casino”
Fregato.  Ridacchio e protesto.
“ Che stai combinando?”
Un evviva per la fiducia.
“ …ma no niente, ho deciso di andare fino ai Pirenei”
“Ih, che bello”
Mia madre: “Basta che stai attento”
“ Carcassone, meravigliosa. Poi lì vicino c’è la Camargue. Vengo pure io quasi quasi, ci facciamo un giro a cavallo, dai.”
Sandro è un entusiasta. Quando si parla di viaggi poi non gli pare vero. Lui che passa gli inverni fra mappe, cartine e guide a programmare giri in bici e a piedi per sè e sua moglie.
“Sì magari, perché no? Sto pensando di andarci a piedi” aggiungo distrattamente.
“…”
“…”
Mia madre mi guarda con un mezzo sorriso e l’aria interrogativa.
E mio padre “ Ah bello, I pirenei a piedi” Pesa e scandisce le parole.  “Ma partendo da dove? Dai Pirenei, sì?
” Simpatico. No, voglio partire da Roma. Sto preparando le tappe da Roma fino ai Pirenei, fino ai piedi dei Pirenei”.
“ahahahahhaah”
Ridono. Sorridono prima e ridono poi. Rido pure io. Ahahhahaha.
Ci facciamo una bella risata.
Ahahahaha. Sghignazziamo. Ma propio di gusto.
Uuuuuuu.
Tiriamo su con il naso.
Aaaaaaa…..
“ Non dai, sul serio…”
Mio padre si sfila gli occhiali che rimangono appesi al collo. Mia madre appoggia terrina e cucchiaio sul tavolo e appoggia se stessa nell’angolo della cucina per guardarmi in faccia.
Mangio pistacchi e mi godo il momento di sospensione. Indovino i loro pensieri. Indovino la loro preoccupazione.  Si droga. Sicuro.
Sono ben conscio della faccia da schiaffi che ho messo su e continuo a fissarli.
Rompe il silenzio Ros: “…e dove dormirai?”
Ecco. Giusto. La logica di mia madre è sempre disarmante. Non poteva che fare la domanda più logica, sensata e pratica di tutte. Spero di aver preso da lei in questo. Mica il perché. Ma per come.
“ Boh vabbè quelli sono dettagli, poi mi organizzo…”
“Uh bello , ok io ti do una mano. Possiamo preparare le tappe insieme. Io dieci giorni poi me li ritaglio e vengo con te”
Ed così che mia madre conquista  la certezza che i drogati in famiglia siano due.
Mio padre continua: “..anche perchè da solo non arrivi manco a Tivoli”
“Al massimo a Sutri. Tivoli è nell’altra direzione”
“Ecco, bravo. Hai visto Ros che farlo studiare è servito?…”
“ Sandro non lo appoggiare, ti prego. Mi sembra un’idea delle palle”
“Ma no mamma, davvero in realtà c’è un progetto…”
Ora le spiegazioni sono dovute.
“ …un progetto di lavoro, dico.”
Gioco d’anticipo. Non c’è nulla da fare. In famiglia siamo così. Se si tratta di lavoro, tutto sarà per forza ok.
“…legato al diritto di informazione e di stampa. E’ un’iniziativa simbolica”.
Il volto preoccupato di mia madre si distende nella direzione di una soddisfazione di sapore calvinista.
Mio padre si rinfila gli occhiali e si versa un bicchiere di rosso preso dall’angoliera. Inti si acciambella sotto il tavolo.
Abbassata la guardia, posso raccontare la genesi della mia idea.
“ Dunque…”
“ …fai cosa vuoi, ma vedi di stare attento”.